La sacra Scrittura
parola di Dio attraverso l'umano
Francesco Bertoldi
introduzione
i problemi relativi alla Bibbia
Per i cristiani la Sacra Scrittura, o Bibbia, è parola di Dio, cioè sono dei testi in cui Dio, il Mistero che fa tutte le cose, si è rivelato, ha rivelato, ha comunicato qualcosa (di Sé, di ciò che Lui è e di ciò che lui desidera da noi) che non sarebbe stato altrimenti accessibile, che non ci sarebbe stato possibile conoscere basandoci solo sulla nostra ragione, sulla nostre capacità conoscitive “naturali”.
Per capire correttamente il concetto cristiano di rivelazione biblica è utile tener presente la differenza, tutt'altro che trascurabile, tra come il cristianesimo intende il suo Testo sacro, la Bibbia, e come l'Islam intende il suo testo sacro, il Corano:
per l'islam infatti il Corano è stato dettato da Dio, parola per parola (al punto che alcuni sostengono che le stesse traduzioni del Corano dall'arabo originario sarebbero qualcosa di illecito, di alterante);
per il cristianesimo invece il testo sacro, la Sacra Scrittura non è stata dettata, ma, molto meno impegnativamente, è semplicemente stata ispirata da Dio.
Questo significa, tra l'altro, che
- La Rivelazione, la comunicazione di Sé che il Mistero ha fatto all'umanità, precede ed è più grande del testo sacro.
- lo strumento umano, di cui il Mistero si è servito per comunicare con noi, per rivelarsi, ha una sua parte nella modalità di “produzione” del testo.
Cominciamo dal primo punto:
1. la Rivelazione precede ed è maggiore del Testo Sacro
La Rivelazione, per il cristianesimo (ma in fondo anche per l'ebraismo) non comincia con la stesura di un testo. Ma consiste anzitutto in avvenimenti in cui il Mistero si è fatto incontro, e quindi si è fatto conoscere dall'uomo.
Si potrebbe dire che la Rivelazione (soprannaturale del Mistero) è un fatto. Di cui il testo è anzitutto e soprattutto testimonianza
- Prima accade che Abramo venga chiamato dal Mistero a lasciare la sua terra e ad andare in una nuova terra. E poi tale vicenda viene narrata dall'autore sacro.
- Prima accade che Mosé venga chiamato dal Mistero a liberare il popolo eletto dalla “schiavitù d'Egitto”. E poi tale vicenda viene narrata dall'autore sacro.
- Prima accade che Gesù Cristo operi dei miracoli, venga crocefisso e risorga. E poi tale vicenda viene narrata dall'autore sacro.
Ma Dio comincia rivelarsi già nel fatto che Abramo e Mosé vengano chiamati e compiano le opere che solo Dio poteva loro permettere di compiere: già quella è una rivelazione, senza la quale la stesura di un testo (sacro, relativo a tali vicende, reali e storiche) non avrebbe potuto accadere. Dio comincia a rivelarsi, e nel modo più forte, già nel fatto che Cristo operi in modo umanamente inspiegabile, e poi sia crocefisso e risorga: già quella è rivelazione. E anche in quel caso, senza tali fatti nessun testo avrebbe potuto essere scritto da un autore sacro.
Anche perché il Nuovo Testamento, che è la parte suprema della Sacra Scrittura è essenzialmente testimonianza, documentazione di un Fatto, di fatti reali, storicamente avvenuti.
L'autore sacro (colui che materialmente scrive il testo sacro) viene sì interiormente ispirato da Dio, ma si avvale anche di tutto il “materiale” conoscitivo di cui dispone, traendolo dal suo contesto storico, dalla realtà (“esterna”) da lui immediatamente conosciuta; ad esempio, nel caso dell'Antico Testamento, la stessa vita del popolo eletto e in particolare delle persone “più vicine” a Dio, i ricordi tramandati nella memoria della gente e simili fattori storici. E nel caso dei Vangeli, l'autore sacro si avvale di ciò che i suoi occhi hanno visto (per usare il lessico della prima lettera di San Giovanni) e/o di cui ha potuto parlare con testimoni oculari del Fatto di Cristo.
Gli esempi sin qui fatti riguardano essenzialmente il libri storici (come il Pentateuco, o i Vangeli e gli Atti degli Apostoli), ma qualcosa di analogo lo si potrebbe dire anche dei libri sapienziali (come i Salmi, o le lettere di San Paolo): le indicazioni sapienziali contenute nella Bibbia infatti non possono derivare solo da una ispirazione interiore totalmente separata dall'esperienza reale, quotidiana, che l'autore sacro faceva, grazie anche alla sua partecipazione alla vita del popolo, il popolo eletto prima, e la comunità cristiana poi. È probabile perciò che si debba parlare di una convergenza tra
- l'ispirazione interiore, proveniente direttamente da Dio, in virtù di una grazia speciale (una grazia gratis data),
- e l'esperienza reale, storica, segnatamente gli incontri con “uomini di Dio” e l'immanenza a una realtà comunitaria segnata da una appartenenza “speciale” al Mistero (ossia il popolo ebraico nell'Antico Testamento e la comunità cristiana nel Nuovo).
Un discorso un po' diverso potrebbe riguarda la terza tipologia di libri biblici, quelli profetici. Lì è indubbio che la componente interiore acquisti un ruolo preponderante. Anche se, anche lì, un autore sacro non poteva che trovare conferma del carattere non allucinatorio delle sue ispirazioni interiori dalla sua immanenza alla vita del popolo e dal suo rapporto con chi, nel popolo, era più evidentemente “uomo di Dio”. Non sarebbe insomma stato immaginabile un profeta totalmente separato dal popolo. E in secondo luogo il linguaggio con cui il profeta veterotestamentario esprime ciò che interiormente gli è stato suggerito è comunque condizionato dal suo contesto storico, e dalla necessità di tradurre in immagini che il popolo possa capire.
Analogamente il libro profetico neotestamentario, l'Apocalisse, se non può certo essere ridotto a una ingegnosa costruzione umana (se ne parla in questa pagina), non può nemmeno essere compreso staccandolo totalmente dal contesto, storico-ecclesiale, in cui San Giovanni scrive ciò che gli è stato interiormente ispirato.
E veniamo così al secondo punto: la parte dello “strumento umano”, la parte dell'umanità dell'autore sacro.
2. La parte dell'umano nella stesura del testo sacro
Se il testo sacro non è stato dettato, ma semplicemente ispirato (dove, come si è detto, l'ispirazione interiore non è totalmente indipendente dall'esperienza reale, quotidiana con il “mondo esterno”, con il contesto storico in cui l'autore è immerso), allora l'autore sacro ha una sua parte nel modo con cui il testo viene scritto.
Il che non toglie che la Bibbia sia realmente “parola di Dio”, ma evita di intendere tale espressione in modo meccanico. In particolare aiuta ad evitare quello che si chiama letteralismo, ossia il prendere “alla lettera” tutto ciò, parola per parola, che è scritto nella Bibbia. L'autore sacro è al tempo stesso ispirato (interiormente) da Dio e condizionato dalla sua appartenenza a un dato contesto storico.
E questo vale, ovviamente, anzitutto e soprattutto per l'Antico Testamento. Il caso più clamoroso è il racconto della creazione nella Genesi. È stato un errore, quello fatto da alcune personalità ecclesiastiche, di intendere in senso letterale la creazione di Adamo dal fango. Un errore che ha portato e ancora porta molti credenti a negare l'evoluzionismo per motivi teologici, a-priori. Così come è stato un errore richiamarsi al senso letterale di un passo biblico, la frase di Giosuè “fermati o sole”, per negare l'eliocentrismo.
Considerazioni analoghe le si possono fare anche su diverse indicazioni pratiche dell'Antico Testamento (che in alcuni libri prevede la pena capitale o l'emarginazione sociale per fenomeni che oggi possiamo considerare come innocui).
Per il Nuovo Testamento il pericolo del letteralismo è senza paragone meno presente. Anzi, una certa riflessione teologica corre il rischio esattamente opposto. Ad esempio quando nega che la Risurrezione di Cristo sia stata un evento reale, e che una persona presente nel cenacolo con gli Apostoli, nelle Sue apparizioni post-pasquali, non avrebbe potuto vedere, senza la fede, il Risorto.
3. I ”sensi” della Sacra Scrittura
Si deve al teologo dei primi secoli Origene una prima sistematica teorizzazione che non vi è un solo senso nella Sacra Scrittura, quello cioè letterale, ma vi sono anche dei sensi spirituali, ossia quelli allegorico, quello morale e quello anagogico.
E dopo di lui sono fiorite, in autori spirituali e teologi dei commenti a passi biblici che appunto cercano di cogliere, oltre il senso letterale, dei sensi simbolici.
Così,ad esempio, il passaggio del mar Rosso da parte del popolo ebraico, è stato spesso visto non solo come evento reale, ma anche come un simbolo: della Resurrezione di Cristo, o del cambiamento di vita reso possibile dalla Grazia di Cristo, o del passaggio finale della realtà materiale dalla attuale condizione di caducità alla trasfigurazione definitiva nella vita senza fine in Cristo.
O così nella manna che nutriva il popolo ebraico nel deserto, è stato visto il simbolo dell'Eucarestia, pane dal Cielo, che nutre nel cammino attraverso le prove della vita presente.
Le pagine di questa sezione
- Il Cantico dei Canticitra il Mistero e l'uomo: un rapporto d'amore: Brevi riflessioni sul Cantico dei Cantici
- La Bibbia: passi difficiliproblemi interpretativi: L'Antico Testamento deve essere preso alla lettera in ogni sua affermazione? È davvero necessario ciò per poter credere?
📚 Bibliografia essenziale
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- Hans Urs von Balthasar, Herrlickheit.6 Theologie: Alter Bund, Einsiedeln 1967, tr.it. Gloria.6 Antico Patto, Jaca Book, Milano 1975 ().
Articoli
- Francesco Bertoldi, “Henri de Lubac on Dei Verbum”, in Communio - International Catholic Review, 1990, pp. 88-94.
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